Il fantasma del Natale presente.
Tocca essere realisti: non tutti a Natale sono più buoni,
checché ne dicano tutti per mantenere vivo lo
spirito della tradizione.
Addobbi, regali sotto l’albero, cibo a volontà, famiglia unita con figli, nonni
e zii che magari nemmeno hai mai visto ma ai quali devi voler bene.
Poi ci sono tutte le pressioni, i doveri e le buone azioni: andare in chiesa,
lasciare due dollari di questua, fare una donazione per i senzatetto, esclamare
“buon Natale!” a ogni piè sospinto ai passanti e agli sconosciuti che capitano
a tiro e sorridere, sorridere spesso della così detta “magia del Natale” che oggi
sembra scaldare il cuore della gente.
Tutto per dimostrare che il mondo è migliore, che TU sei migliore e che anche
solo per quei pochi giorni all'anno puoi ignorare la tua stessa coscienza,
ammesso che ti sia possibile; perché in cuor tuo lo sai che " a Natale sono
tutti più buoni" è una grandissima stronzata.
…
Il sangue cola lento dalla lama mistica che ha nella mano
destra allargando una pozza sul pavimento; il suo alone rosso si mischia al
vischioso vermiglio che si sparge goccia dopo goccia e si arrampica sulla figura,
sui vestiti macchiati. Quel colore si confonde bene con lo scarlatto sfogo dei
poteri che gli appartengono, turbinanti all'interno dell’appartamento nel quale
si è infilato.
Rimira con ostinato immobilismo ciò che ha fatto, nonostante
la scarica di adrenalina che gli accelera il battito cardiaco metta alla prova
la sua fermezza. Osserva da dietro la maschera il cadavere nel
soggiorno, di fianco allo spelacchiato albero di Natale, massacrato dalle
coltellate necessarie a strappargli la vita di dosso; le conta: ce ne sono
volute sei in tutto, per sfiancarlo e ucciderlo: un paio alle gambe, una
al torso più superficiale, due alle braccia altrettanto lievi e infine una alla
gola, ora puntata in sua direzione come un macabro, scarlatto e umidiccio
sorriso.
Grugnisce un verso di dolore a labbra strette nel premersi la mano sinistra sul
fianco, sentendo il sangue colare tra le dita; il bastardo, oltre che
totalmente pazzo, era maledettamente bravo col coltello, cosa della quale si poteva
aspettare visto quanto ha scoperto su di lui: gli ha dato filo da torcere ed è
morto con un inquietante sorriso sulle labbra, sovrastante quello che gli è
stato aperto sotto al mento.
Servono ancora pochi momenti per permettergli di riprendere lucidità, vincere
il capogiro che la graduale perdita di sangue gli ha causato, estrarre la
pistola a medigel e ficcarsela nella ferita più brutta, sopprimendo con un
ringhio la fiamma di dolore che ne scaturisce. Di seguito darà atto alla solita
routine: un controllo meticoloso dell’appartamento, senza fretta, senza paura
di sentir arrivare delle sirene in lontananza fino a quella catapecchia della
North.
All'interno della casa, sporca ma comunque addobbata a
festa, vengono rinvenuti alcool, droghe e farmaci in buona quantità; poco cibo,
qualche vestito e nell'armadio in camera un’intera collezione di foto: volti
ordinari incollati in una raccolta che forma il puzzle inquietante di quelle
che sono le vittime del killer.
L’odore di formalina avvertibile chiaramente nell'aria guida la cerca verso uno
stanzino attiguo ad un’essenziale stanza da letto; al suo interno un
laboratorio con i macabri resti di un lavorio meticoloso, minuzioso e grottesco,
affiancati ad un insieme di strumenti, per lo più affilati, atti allo scopo.
L’abitudine gli permette di non rigettare, gli fa incassare il colpo e così sopportare
la vista di tutte le mutilazioni esposte, asportate con accuratezza maniacale,
infilate sotto vetro, immerse nel conservante e infiocchettate con nastri rossi,
verdi e oro, pronte per essere consegnate ai rispettivi destinatari con tanto
di targhetta e biglietto d’auguri.
Perde tempo ad aggirarsi nel laboratorio degli orrori,
sfiorando con gli occhi i macabri ritrovamenti ed esaminando i vari biglietti,
impossibilitato a distogliere lo sguardo, ben sapendo di avere appena aggiunto
del nuovo materiale alla sua personale collezione di incubi.
La vibrazione del cellulare nella tasca lo fa trasalire, gli
dà lo schiaffo necessario a infrangere la malia della quale è caduto vittima e
gli fa correre la mano ad estrarlo con a bruciare nel petto un’aspettativa
vibrante, mal riposta all'interno dello scenario da incubo ma immediatamente,
immancabilmente, delusa.
Pochi istanti e la rabbia torna a scalargli le membra, facendogli ignorare il
dolore delle ferite e imprimendo nuova forza ai suoi intenti. Decide di non
avere più nulla da fare in quel luogo, di lasciarselo alle spalle, in fiamme possibilmente,
dopo aver preso nota di tutti i domicili ai quali quei “regali” sarebbero stati
indirizzati.
Qualcuno non è proprio riuscito ad accantonare la coscienza,
nemmeno nella notte di una Vigilia che comunque sarà lunga a trascorrere ... e difficilmente lo vedrà "migliore"
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