Prospettiva


Lo Shelter della desert non ha mai voluto essere più di quanto i suoi abitanti hanno perso: non ha voluto sostituire gli amici di Liam, presi a manganellate dai poliziotti e divorati dal sistema giudiziario, ne tanto meno vuole riscattare la dignità del dottor Richards che ha aperto gli occhi dopo aver concesso allo Stato il suo “contributo medico”; non è l’infanzia di Joelynn, resa amara da una famiglia disastrata e dai giorni trascorsi a darsi da fare per non farla collassare, ne la pace di Galen Grace, persa da qualche parte, tutta insieme o poco a poco, durante il corso degli ultimi tre anni. C’è chi potrebbe anche dire che vista l’apparenza lo Shelter difficilmente possa anche solo arrogarsi il titolo di “tetto sicuro” ma per il momento le sue fondamenta hanno retto più che bene. Insieme al consultorio hanno resistito quelli che lo abitano, nonostante le litigate furiose dove ci si tirano le cose, le minacce di Eileen Blackwood e le paure da esse scaturite; le lunghe veglie in infermeria e le angoscianti urla di dolore che qualche volta ne hanno risalito le scale come nei più spaventosi film dell’orrore.

Verrebbe da chiedersi come possa andare avanti una miscela tanto instabile ed esplosiva.



Verrebbe da dire “Questione di prospettiva”.

Lo Shelter della desert vuole essere la finestra affacciata sul solito paesaggio riempito da decadenza e macerie ma illuminato dal sole; è la musica di Liam, l’affetto di Joy, le competenze di Drake e le persone care a Galen. È un po’ Jimmy, un po’ Iphigenia, un po’ Jenny e un po’ Caleb; è anche Duke nei momenti bui, così com’è Clem e Logan; è stato anche Raika, la sua rivalsa e il suo triste epilogo. 
Lo Shelter della desert non ha voluto sostituire niente, visto che tutto quello di cui c’era bisogno era già presente.


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